Accordo di divorzio. È possibile?

La cassazione, sentenza 2224/2017, è tornata sull’argomento della nullità dell’accordo preso dai coniugi in sede di separazione per regolare il futuro assegno di divorzio, dichiarandolo nullo per illiceità della causa.
Si tratta, anche in questo caso, di un vecchio tabù duro a morire. Moltissimi ordinamenti stranieri riconoscono piena legittimità agli accordi di divorzio, quello italiano no. Secondo i giudici della cassazione l’assegno di divorzio ha natura assistenziale, a tutela del coniuge debole, quindi si tratta di un diritto indisponibile, nel senso che su di esso non si possono fare accordi, neppure col consenso del coniuge debole.
Ora, attribuire a priori natura assistenziale all’assegno di divorzio, indipendentemente da qualsiasi altra valutazione, è una forzatura. Basti pensare all’assegno di divorzio disposto in favore di Veronica Lario, definirla coniuge debole è abbastanza ridicolo.

 

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Ad ogni buon conto, la cassazione, con la sentenza 2224 ha ritenuto nullo l’accordo dei coniugi fatto in sede di separazione in base al quale, in caso di divorzio, al coniuge “debole” sarebbe andata una somma di danaro una tantum, e non un assegno periodico. I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto che, la pattuizione di corrisponder un assegno di divorzio una tantum, non possa essere presa che in sede di procedimento di divorzio, previa valutazione, da parte del giudice del divorzio, del carattere equo di tale assegnazione, ai sensi dell’art. 5 legge divorzio. Pertanto, un simile accordo, preso dai coniugi in sede di separazione, ora per allora, non è valido.

Avv. Luigi Cecchini.