Fine della convivenza ed esborsi

Si può concordare l’indennizzo in caso di cessazione della convivenza?

Oggigiorno è sempre più difficile escludere ogni forma di tutela per il coniuge o il convivente che, prima del matrimonio, abbia contribuito in modo consistente, o addirittura esclusivo, alla ristrutturazione o all’acquisto di un bene comune.

Nel caso ricorra una regolamentazione pattizia fra conviventi, i reciproci doveri di contribuzione patrimoniale, ma anche le restituzioni alla cessazione della convivenza, non solo sono giustificati, ma anche dovuti.

In mancanza di preventivo accordo, gli esborsi sostenuti dall’uno a favore dell’altro si configurano come adempimenti di un dovere morale. Quest’ultimo deriva dall’abituale condivisione dei luoghi di vita familiare, e rapporti di solidarietà reciproca.

 

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È possibile che tali esborsi siano sensibilmente superiori alle condizioni economiche di chi li elargisce, oppure sproporzionati rispetto al normale tenore domestico.

In questa ipotesi, la fine della coabitazione o della convivenza, e con essa la destinazione di quanto corrisposto al “bene famiglia”, comporta il diritto ad ottenere la restituzione dell’attribuzione patrimoniale prestata, o del suo equivalente monetario.

A riguardo, può considerarsi sproporzionato un esborso che superi un quarto dello stipendio netto annuale del coniuge o convivente che lo ponga in essere.